I SISTEmi DI SPREMITURA
I procedimenti di estrazione dell’olio dalle olive, possono essere di tipo “a freddo” ed “a caldo”; da quelli “a freddo”, scaturiscono gli oli extravergini qualitativamente migliori in quanto, la temperatura del prodotto, durante tutta la lavorazione non supera mai i 27°: solo tali oli potranno fregiarsi dell’indicazione in etichetta della dicitura di “spremuto” o “estratto a freddo”. L’estrazione dell’olio dalle olive può avvenire con frantoi a ciclo tradizionale (detti anche “a pressione”) oppure a ciclo continuo. Il procedimento “a pressione”, è quello più tradizionale, con origini che si perdono nella notte dei tempi ed è quello che, ancora oggi, consente di ottenere un prodotto di qualità superiore, intatto in tutte le sue caratteristiche organolettiche.
Il frantoio “Il Vascello”, con il metodo “a pressione” ed “a freddo”, produce olio extravergine di oliva di prima spremitura attraverso la molitura di olive proprie e/o di terzi di esclusiva provenienza abruzzese. Le olive, entro 24/48 ore dalla raccolta, una volta ripulite dal fogliame tramite la deramifogliatrice, vengono sottoposte al processo di molitura che inizia con la frantumazione ad opera di tre grandi molazze in granito che ruotano su di un piatto anch’esso in granito. Il nocciolo dell’oliva deve essere rotto solo grossolanamente mentre, la polpa, da cui si ricava l’olio, è triturata finemente. La pasta così ricavata viene immessa nella “Gramola”, costituita da una vasca in acciaio con all’interno una coclea aperta che, girando, rimescola in continuazione la pasta di olive, per almeno 40 minuti; si tratta del macchinario più importante ai fini dell’estrazione in quanto, al suo interno, attraverso il rimescolamento, si genera il fenomeno della “Coalescenza” per cui, le minuscole particelle di olio disperse nella pasta, si aggregano tra di loro per formare goccioline d’olio sempre più grandi e quindi, più facilmente separabili nelle successive fasi della lavorazione.
Finita la gramolatura, la pasta di olive, con l’ausilio di una dosatrice e di una macchina chiamata “Impilatrice”, viene stratificata su diaframmi detti fiscoli che vengono sovrapposti in alternanza con dischi di acciaio forati al centro in modo da formare la cosiddetta “torre” che viene immessa sotto le presse idrauliche; la pressione, provoca la “deoliazione” per cui, si separa la parte liquida dell’oliva (mosto oleario, composto da olio ed acqua di vegetazione) dalla parte solida (sansa). Il mosto oleario così ottenuto, viene prima passato in un “Vibrovaglio” per eliminare eventuali residui di sansa che durante la pressione possono fuoriuscire dai friscoli e poi viene immesso nel “separatore centrifugo” il quale sfruttando il diverso peso specifico dell’olio e la forza centrifuga (circa 6400 giri/minuto), lo separa dall’acqua di vegetazione.
Da 100 kg di olive si ricavano mediamente 15 kg di olio extravergine di oliva di prima spremitura a freddo, circa 50 kg di acqua di vegetazione e circa 30/35 kg di sansa. L’olio finalmente ottenuto, si presenta opalescente per la presenza di particelle di sostanze solide sospese, di bollicine di aria e piccole quantità di acqua nebulizzata. Viene pertanto fatto riposare in contenitori in acciaio inox affinché si chiarifichi; con il tempo, infatti, le sospensioni andranno a depositarsi sul fondo dei contenitori formando le “morchie” che, saranno separate dall’olio mediante uno o più travasi. Al fine di evitare alterazioni dell’aroma, del sapore e del fruttato, l’olio che produciamo non viene chiarificato mediante procedimenti di filtrazione ma, come sopra descritto, unicamente per decantazione naturale.
Come visto, dalla lavorazione delle olive si ricavano essenzialmente due sottoprodotti: l’acqua di vegetazione e la sansa. La prima, solitamente viene smaltita mediante spandimento sui terreni in quanto, allo stato, non esistono altre forme legali di smaltimento; un’alternativa potrebbe essere il conferimento nei biodigestori per la produzione di biogas ma, l’assenza di simili impianti nelle vicinanze, rende ancora non percorribile tale soluzione.
La sansa invece ha un proprio mercato e solitamente viene ceduta ai sansifici i quali, attraverso processi chimici e l’uso di solventi, ricavano ancora un 4-5% di olio mentre, il residuo, denominato “sansa esausta” è utilizzato come combustibile per riscaldamento sia direttamente che attraverso la produzione di pellet e nocciolino. L’olio estratto dalla sansa, in origine, è un olio lampante, non commestibile e con acidità elevatissima; viene pertanto sottoposto a successive fasi di distillazione ed abbattimento acidità che, da una parte, lo privano sostanzialmente di ogni possibile qualità organolettica e di pregio; dall’altra, lo riportano a livelli di acidità tali da poter essere immesso in commercio come commestibile (si tratta generalmente degli oli che si trovano, da soli o in combinazione con altri, nei sottoli, nel tonno in scatola o che vengono venduti in bottiglia a prezzi di 5 € al litro o anche meno).