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Al fine di evitare le numerosi frodi che si celano dietro la commercializzazione degli oli di oliva, sia l’Unione Europea che, di conseguenza, lo Stato Italiano, hanno adottato rigide normative e disciplinari che impongono, in primo luogo, l’obbligo di etichettatura del prodotto messo in commercio nonché il divieto di vendere l’olio sfuso, con conseguente obbligo di utilizzo di contenitori aventi specifiche caratteristiche quali, ad esempio, capacità standard fissate per legge, chiusura con sistemi che, una volta aperti, non possono essere più riutilizzati o sigillati, al fine di evitare le adulterazioni.
Purtroppo però, la mole di provvedimenti legislativi e regolamentari non ha chiarito un elemento che ancora continua a confondere i consumatori nella scelta dell’olio di oliva di qualità; infatti, dal punto di vista commerciale ed alimentare, gli oli di oliva si dividono in tre categorie:
E’ opinione errata, ma purtroppo diffusa per cui, se l’olio è extravergine di oliva è comunque di ottima qualità a prescindere dal prezzo e pertanto, molti consumatori non si spiegano l’enorme differenza di prezzo fra un olio da 4 euro al litro (o anche meno) rispetto ad un olio che può arrivare anche ad oltre 20 € al litro dato che, in etichetta, entrambi hanno la dicitura di “Olio extravergine di oliva” e magari di provenienza italiana; per molti, il prezzo più elevato sarebbe solo determinato da un maggiori ricarico da parte del produttore o venditore. Ma non è così; purtroppo, la normativa, non ha chiarito al consumatore che, un olio, per essere extravergine, basta che abbia un’acidità inferiore a 0,8% a prescindere da come si arrivi a tale valore; per cui, l’olio extravergine si può ottenere o dalla spremitura diretta delle olive di qualità oppure, prendendo oli con elevata acidità, di qualità scarsa e spesso non commestibili (olio lampante, ottenuto dalla sansa), trattarli con sostanze che eliminano eventuali difetti di sapore (C.d.: rettifica) e quindi con gli abbattitori di acidità (Nella specie, la soda caustica) in modo da riportarlo ad avere un’acidità libera inferiore a 0,8% così da poterlo commercializzare ed etichettare come olio extravergine.